Il primo "Borgo Franco" del Biellese

..... Il 1° dicembre 1202 il Comune di Vercelli decreta l'erezione del vicino Borgo Franco di Piverone, promettendo l'indipendenza, esenzione dalle imposte e libertà a chiunque venisse ad abitarlo.
Rustici, coloni, censuari, arimanni e qualche valvassino di Magnano, di Torrazzo, Parogno e fors'anche di altri paesi vicini si abboccano e si mettono d'accordo. Tutti coloro che posseggono terre alliodiali o libere nella Vaccarizza le mettono in comune; altre terre vengono acquistate dai signori locali; in modo che sulla vasta regione compresa fra Magnano e Torrazzo, Parogno, la terra dell'Abbadia di Sala e la vetta principale della Serra (Pezzano, Perno e Bollengo) denominata col nome generico di Vaccarizza e con varie sottodenominazione (vucabolis) - sia che fosse situata nel territorio di Magnano che in aliis locis, sia comunale che privata (terram totam, tam comanem quam spetialem) - venga tutta offerta al Podestà di Vercelli per esserne reinvestiti e per erigersi un Borgo Franco.
Tre furono le persone espressamente delegate e mandate a Vercelli per farvi spontanea (sponte fecerunt...) offerta: Pietro Molinario, console di Magnano, (il quale rappresentava espressamente questo comune), Alberto Gatella e Pietro Cavallerio, ambasciatori del predetto luogo, ma incaricati di rappresentare anche tutti gli altri vicini - qui etiam ad hoc faclendum ab aliis vicinis suis nuntii constituti fuevant et missi, tam suo nomine quam nomine cetorum vicinorum suorum ...


Il 30 Gennaio 1204 questi tre rappresentanti si trovarono nella casa comunale di Vercelli in presenza del Podestà Pietro di Pietrasanta, di quattro Consoli della Giustizia, di nove Consoli della società di S. Eusebio e di S. Stefano, nonché dei Sapienti della Credenza ivi solennemente ed epressamente convocati -ad sonum campanae- e fecero la loro donazione che fu accettata con entusiasmo alla unanimità; e giurarono per se e per i loro eredi di difendere la terra donata alla Repubblica da qualsiasi persona a proprie spese e impegnando tutti i loro beni; giurarono inoltre di eleggere domicilio in Vercelli e di acquistarvi, col concorso dei loro vicini, un casa, secondo l'usanza di quei tempi e secondo verrebbe loro ordinato dal Podestà, dai Consoli e dai Sapienti.
La cosa deve essere andata molto a fagiolo ai reggenti di Vercelli, perché due giorni dopo, e cioè il primo di febbraio, giungevano alla Vaccarizza stessa, Giacomo Visconti e Nicolao di Biandrate coil loro scudieri Guleto e Blancardo, tutti a cavallo, mandativi espressamente dal Podestà di Vercelli quali procuratori della Repubblica per stendere l'atto solenne di donazione (actum supra ipsam terram Vaacaritiae) e per recevervi giuramento di tutti, anche quelli che non avevano potuto recarsi a Vercelli. Prestarono giuramento 64 proprietari della regione, fra i quali figura anche l'altro Console di Magnano, Giovanni Nepote, e un signorotto locale dominus Raimundus; il quale, o perché personalità più eminente, o perché più ricco possidente, giurò a parte e dopo gli altri per la sua privata proprietà, anch'egli però " promittendo defensare sicut alii supra fecerunt, obligando sua bona ecc....." ......
………………e la storia continua… alla prossima puntata…


ALTRA GUERRA SULLA VETTA DELLA SERRA.

L’erezione del Borgo delle Coste aveva scatenato una guerra che durò oltre mezzo secolo. Per quanto ci manchino i documenti, non crediamo perciò che quello della Vaccarizza sia passato inosservato e senza opposizioni, sia da parte degli Eporediesi, che dei signori di Biandrate, i quali frattanto avevano abbandonato l’alleanza con i Vercellesi per collegarsi con Novara ed Ivrea ( e in questo caso non potendo accedere al Canavese per il territorio nemico di Vercelli e Santhià, erano per forza costretti a passare per questo valico della Serra sorvegliato dal nuovo Borgo) sia da parte dei Signori di Cerrione che a denti stretti avevano visto le genti di Magnano ribellarsi al loro dominio. Risulta infatti dall’atto 1226 e da altro del 10 gennaio 1224 che il paese di Magnano venne ricostituito presso l’antica località e con il nome primitivo di Magnano; e che ancora in uno statuto del 1347 (circa un secolo dopo l’erezione del Borgo Pietro!) Vercelli ingiungeva “che fosse distrutto il castello di Magnano vecchio e non più riedificato”.
Aggiungasi che la lotta per il castello di Bollengo non era terminata e, che quella di Piverone era in pieno fervore, allorché sorse la funesta accanitissima guerra di fazioni fra Guelfi e Ghibellini; e si avrà un pallido quadro di quanto tormentoso ed agitato sia stato per la gente della Serra il secolo XIII. Dico per le genti della Serra, perché capi dei Guelfi erano gli Avogadro che avevano il loro centro principale a Cerrione e, capo dei Ghibellini era il celebre Pietro Bicchieri, il quale bandito da Vercelli, s’era tirato seco Biandratesi, Casalesi e quasi tutti i Castellani del Canavese con Ivrea, stabilendo il suo quartiere generale proprio a Burolo.
Per il povero Borgo Petro non c’era dunque scampo, preso com’era tra due fuochi: Cerrione a levante, Burolo a ponente! Ma già prima di queste lotte di fazioni, come sul costone di Bollendo era stato edificato un castello che doveva fronteggiare il Borgo di Piverone ( e le due fortezze si guardavano dall’alto bieche e minacciose), così per contrastare il Borgo di Magnano e per rispondere alla nuova minaccia, o forse per troncare ogni commercio colla Valle d’Aosta, fu dai Canavesani costruito un nuovo castello tra Bollengo e Montestrutto <super Montem> che pare sia la Serra tra Torrazzo e al torre della Bastia.
Dice infatti l’atto 3 dicembre 1221 (Bissoni IV-156):
<…pro discordia quam Comune habet vel habereintendit cum Iporegiensibus occasione cuiusdam castri, quod construere ninuntur ipsi Iporegienses supra montem quemdam contra voluntatem illius Communis, quum comune dicat montem illum esse Communis Vercellarum et illum tenere et jus in illo habere, tum quia et illi Iporegienses se exercent, et societantem fecerunt contra illud Comune…>.
Se la località scelta per il nuovo Castello era sopra un monte e, se questo apparteneva gia di diritto e di fatto (illum tenere et jus in illo habere) al Comune di Vercelli, non potevano essere le colline di Chiaverano o di Montalto che non sono monti e sulle quali Vercelli non poteva ragionevolmente vantare alcun diritto. Riteniamo dunque che il monte scelto dagli Eporediesi fosse la Serra. E poiché la torre della Bastia trovasi a giusta metà fra Bollengo e Montestrutto, si può supporre che su quelle alture si volesse costruire il nuovo fortilizio.
Dalla lettera del podestà di Vercelli diretta al podestà di Milano, annessa all’atto 26 marzo 1222 è spiegato inoltre che il podestà di Vercelli, quello di Novara, quello di Ivrea, il Vescovo di Ivrea e alcuni conti del Canavese convennero a Bollengo, dove tutti fecero pressione sugli Eporediesi perché questi desistessero dal proposito di edificare quella fortezza. Ma a nulla valsero quelle preghiere né le minacce; chè anzi questi si ritirarono adirati e minacciosi, tanto che il Podestà di Novara – loro alleato- dopo aver cercato di rabbonirli,li seguì fino ad Ivrea per poter indurli a più miti consigli, pregando intanto i Vercellesi di attenderlo per l’indomani a Piverone, chè avrebbe loro portato la risposta sul risultato della sua missione pacificatrice.
Ma gli eporediesi anziché calmarsi, nella stessa notte si misero fervorosamente a costruire il castello divisato; <Quo facto (dopo partito per Ivrea il Podestà di Novara) quum venissemus ad Pluveronum ipsa die jovis in nocte, Iporienses montem, qui est inter Bolengum et Montem Astrutum, ascenderunt, et castrum ibi construunt > (V. MANDELLI – Il Comune di Vercelli nel Medioevo, (I – 105). )
Vedendo la guerra imminente, i Vercellesi allora serrano le fila; altri Conti Canavesani vengono attratti nella loro orbita e, specialmente i Conti di Biandrate, Guido, Gozio e Ottone si staccano dai Novaresi alleati degli Eporediesi e passano dalla parte Vercellese nella speranza di ottenere nella guerra imminente il completo dominio sul castello e sugli uomini d’Ivrea, e sul contado di essa città, secondo il privilegio che il Conte Guido aveva ottenuto dall’Imperatore Federico II. A questo punto il Conte Guido di Biandrate, col suo tergiversare, pare divenuto l’arbitro della situazione. Accarezzato dai Novaresi e dai Vercellesi, temuto dai Canavesani, sostenuto dall’Imperatore, egli, ai Novaresi che volevano trattare con lui , risponde fieramente che non piegherà fino a quando questi non avessero revocato l’ingiusto bando pronunciato contro di lui e de’ suoi congiunti.
Così la guerra scoppia in questo stesso anno 1223.
Secolo veramente tormentoso e spasmodico il XIII: tutto pervaso da magnanime ire, da guerre, da lotte, da odii in contenuti e feroci. Ma il gelido triste inverno delle invasioni barbariche è ormai finito; nel grembo del romano terreno, il fecondo seme cristiano è stato gittato; e questo, al soffio primaverile delle prime libertà, è germinato: è sbocciato in fiori di bellezza, è maturato in frutti di bontà. L’architettura, la scultura, la poesia, il pensiero cristiano e al scienza teologica,e sopra tutto uno stuolo di Santi e di fondatori di ordini religiosi di cui nessun secolo vide mai l’eguale. E sono rimaste finora insuperate, e rimarranno forse per sempre inimitabili una “Divina Commedia” e una “Somma teologica”!
Ma per noi, nel nostro piccolo, i liberi comuni, i borghi franchi, segnarono il principio delle libertà: liberazione dalla feroce bardatura longobardica, dal nefasto feudalesimo, dalla infame servitù della gleba, che da noi si attuò proprio in questo secolo, prevenendo e anticipando così, senza tanti strombazzamenti, umilmente e semplicemente – more italico, - di circa sei secoli, < gli immortali, immarcescibili principi della Rivoluzione Francese del 1789!!!>.
E’ il caso di dire col Giusti:

Noi eravam grandi
E là non eravam nati!

Giovanni Zanetto



PROVINCIA DI BIELLA ATL BIELLA ANDAR PER BORGHI ECOMUSEO ELVO E SERRA
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